Alessandro Marchetti, pioniere visionario e futurista dell’aeronautica mondiale, è stato uno dei maggiori progettisti italiani di velivoli. Assistere alle prime dimostrazioni di volo dei fratelli Wright fu per lui folgorante e l’inizio di una carriera straordinaria.
Alessandro Marchetti
L’ingegner Marchetti nasce a Cori, ma direi che “spiccò presto il volo” e mai frase fu più veritiera. Marchetti realizzò alcune tra le più importanti opere legate all’aeronautica. Il Club degli Aviatori di Roma fu uno dei luoghi più nevralgici e fonte d’ispirazione. Solo qualche tempo dopo quei voli, realizza il suo primo velivolo “la Chimera” in “Spruce”; in legno di abete americano con un motore parzialmente in alluminio di 30 CV leggerissimo.
Nel 1916 come era prevedibile, l’ingegnere pontino consegue il brevetto di pilota e nel 1921 rileva addirittura la Società Idrovolanti Alta Italia Savoia che tempo dopo diventerà SIAI Savoia-Marchetti; un nome divenuto leggendario nel mondo dei prototipi aeronautici avveniristici. I Savoia-Marchetti sono stati senza dubbio vanto e orgoglio dell’aviazione italiana in tutta la prima metà del ‘900. Sono diventati noti nel mondo per le grandi imprese compiute in epoca fascista.
Trasvolate di Italo Balbo
Come le mitiche trasvolate atlantiche di Italo Balbo con l’idrovolante S 55. Sono anni in cui Marchetti si aggiudica vari primati di velocità per aeroplani terrestri; raggiungendo la velocità di 278 km/h, 50 km/h. Oltre i record dei velocissimi SVA del volo su Vienna e degli stessi SPA francesi. Grazie all’innovazione progettuale e all’organizzazione produttiva della Savoia Marchetti, che all’epoca occupava oltre 5.000 dipendenti. L’Italia negli anni ’30 è leader e all’avanguardia.
Gli aerei francesi competono e sovente sovrastano gli apparati industriali dell’aeronautica francesi, statunitensi e tedeschi. Costoro all’epoca sono considerati depositari di numerosi primati mondiali di velocità, di distanza e velocità di decollo, ma gli italiani sono sempre all’altezza. L’affidabilità degli aerei italiani è rappresentata dall’enorme successo; oltre che di pubblico, dalla tecnologia delle crociere e trasvolate intercontinentali. Il successo è rappresentato dall’efficiente rientro alle basi delle formazioni di decine di aeromobili nei vari continenti.
Idrovolante bimotore Savoia-Marchetti S.55 X
Molti aerei di Marchetti all’epoca sono parte della Regia Aeronautica durante la seconda guerra mondiale, ma anche l’idrovolante bimotore Savoia-Marchetti S.55 X. Oltre che nell’utilizzo innovativo dei metalli leggeri, Marchetti, è uno specialista nell’uso dei materiali non strategici, quei materiali cioè di cui l’Italia all’epoca può approvvigionarsi senza ricorrere a importazioni esterne come nel caso dei metalli. I suoi velivoli sono progettati con un sapiente uso di compensati e legni di vari tipi accoppiati a seconda delle caratteristiche di elasticità o rigidità che si devono realizzare nel volo.
L’uso di strutture metalliche all’epoca era strettamente relegato a soli fini strutturali e mai intensivi. Solo negli ultimi velivoli S.M. si passò a costruzioni via via interamente metalliche, come nell’SM.133 e nel SM.10X progetti mai completati. In quel periodo l’ingegner Marchetti, progettista innovativo, si dedica anche all’ideazione di un elicottero a due rotori a quattro pale, con il diametro di 17 metri.
Alessandro Marchetti ingegnere
Trova però la ferma opposizione di esponenti della Regia Marina. L’idea è talmente innovativa che fatica ad essere accettata. Tuttavia, a partire dal 1939 (circa 20 anni dopo il brevetto Marchetti) c’è stata l’odierna diffusione dell’elicottero. Nel dopoguerra Marchetti gestisce l’azienda fino al 1960, nel 1996 la società è confluita in Aermacchi (oggi Leonardo), che continua la produzione dell’SF 260 e del jet S.211 (1981, ora ribattezzato M-345). Il 12 settembre 2003 Poste Italiane ha emesso in onore di Marchetti un francobollo celebrativo. Per il 50° della scomparsa di Marchetti il Comune di Cori ha reso omaggio al pioniere dell’aeronautica con la produzione di un mediometraggio dal titolo “Con gli occhi pieni di cielo”, che ne rievoca gli anni giovanili trascorsi in gran parte nella città natale. L’ingegnere riposa a Cori, nella cappella Caucci Molara.
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