Le Vestali donne di grande potere e custodi del fuoco sacro della dea Vesta, per molti secoli sono state quasi “intoccabili” e godevano di grandi privilegi.
Le Vestali
Anticamente, il capodanno cadeva il primo di marzo. Era il mese del dio Marte, padre di Romolo e Remo e in quei giorni si rinnovava il fuoco sacro nel tempio. Il primo giorno delle celebrazioni lo si dedicava all’apertura annuale del tempio per i riti sacrificali. Si celebrava il 6 marzo, nei giorni precedenti alla primavera, quando gli alberi mettevano le prime gemme, tingendo i rami di verde. Era quindi un risveglio e un rinnovamento.
Non era un caso quindi che in epoca molto remota, l’anno romano come accennavo, iniziava in primavera con il risveglio della natura. Il fuoco sacro si spegneva solo una volta l’anno e si riaccendeva lo stesso giorno. Il fuoco si doveva spegnere con un secchio d’acqua, ma un altro fuoco si accendeva dallo stesso. Poi le vestali lavavano e profumavano tutto il tempio, compreso pavimento e suppellettili.
Il tempio di Vesta
Infine il nuovo fuoco sacro si portava nelle case per accendere i camini. Una volta pulito, il focolare si riforniva di legna e fascine. Poi con la torcia rimasta accesa si dava vita al nuovo fuoco del focolare e quindi era comunque sempre lo stesso fuoco. Il fuoco sacro non doveva mai spegnersi. Narra Virgilio, Enea aveva portato via da Troia il fuoco sacro per trasmetterlo ai figli nipoti e pronipoti fino ai Romani.
Pertanto prima di spegnere il fuoco del focolare del tempio, si accendeva una torcia. S’indugiava nel tempio, profumandolo con incensi ed erbe odorose e si ornava di serti e ghirlande, sulla statua della Dea. La stessa si addobbava e s’ingioiellava. Ai piedi della scalinata del tempio si accendevano i bracieri di bronzo. infine, iniziava quindi la processione delle torce, con le sacerdotesse che sfilavano ai lati della strada con in mano delle torce accese.
Fuoco sacro di Vesta
Solo allora le donne accendevano le proprie torce per riportare a casa il fuoco sacro. Le donne che non avevano potuto accendere la propria torcia avvicinandosi alla processione, potevano recarsi al tempio, per avere il fuoco sacro da riportare al focolare dove si svolgeva una breve cerimonia privata e ammessa solo alle donne.
La festa terminava al tramonto del sole. La vita delle Vestali però era molto più di questo. Dovevano anche preparare la “mola salsa”, una focaccia da offerire agli dei nelle cerimonie solenni. Le vestali venivano tutte da famiglie importanti, con i padri residenti nel territorio italiano. Potevano però uscire liberamente in lettiga e godevano di privilegi superiori a quelli delle donne romane, nonché di diritti e onori civili. Le vestali erano le uniche donne romane che potevano fare testamento e del resto erano custodi si se stesse, grazie all’inviolabilità del tempio e della loro persona.
Rea Silvia – Le Vestali
Insomma erano ricche e finita la loro missione, che durava trent’anni, potevano anche sposarsi. Erano le uniche Potevano testimoniare in tribunale senza giuramento. Erano tenute in grande considerazione e i magistrati cedevano loro il passo e facevano abbassare i fasci consolari al loro passaggio. Questo per quanto attiene al loro status sociale. Potevano anche chiedere la grazia per il condannato a morte che avessero incontrato casualmente e quello di essere sepolte entro il pomerio. Le vestali custodivano oggetti sacri, ma anche documenti. Tra l’altro erano loro le custodi del testamento di Marco Antonio. Non erano tenute a farlo, ma dietro richiesta lo consegnarono a Ottaviano, cosa che cambiò di nuovo il corso della storia. Sarà Teodosio a obbligarne lo spegnimento nel 394 d.c. quando Roma perderà la tolleranza religiosa che era stato un faro di civiltà per il mondo. Quel gesto ancora oggi si rimpiange.
